mercoledì 16 settembre 2015

Recensione: "La morte è un'opzione accettabile" di Gabriella Grieco.

_Le mie Recensioni_

E sì, a volte mi diletto anche nelle mie recensioni, perché dire la mia, sempre e comunque, è sempre la cosa più allettante_

 
"La morte è un'opzione accettabile"
Romanzo esordio di Gabriella Grieco.
Edito nel 2013 dalla casa editrice "i sognatori".
 



[Una donna sola tiene in scacco milioni di agenti.
Nessuno ha il fegato di muovere un dito, nessuno osa neanche respirare.
La ragione è molto semplice.
La donna stringe tra le dita affusolate ed esperte un detonatore. Il detonatore è collegato a dell’esplosivo. L’esplosivo è assicurato ad una cintura. La cintura è legata al tronco di tre uomini, tre ispettori di polizia, sequestrati, dalle abili mani di una sola donna. Tre uomini sequestrati in una sola stazione di polizia, popolata da centinaia di agenti e di forze dell’ordine].

Potrebbe sembrare, inizialmente, una notizia di cronaca. In fondo di notizie di sequestri, follie, omicidi, rapimenti, i nostri padiglioni auricolari ne sentono a profusione, ogni volta che ci imbattiamo in un telegiornale.
Ma quando si parla di libri, c’è sempre quel nonsochè, quel fattore plus, che affascina noi lettori, e ci tiene attanagliati alla storia, come un cocainomane alla sua droga.
Sto parlando di “La morte è un’opzione accettabile”, una dipendenza piuttosto piacevole, scoperta pochi giorni fa, in quell’affascinante mondo che è il genere thriller.
E il romanzo esordio della scrittrice catanese, Gabriella Grieco, abbraccia appieno tutte le caratteristiche di tale genere.

Come ho già detto, può sembrare inizialmente una notizia di cronaca, ma cambia decisamente aspetto, man mano che ci si inoltra nella lettura, avvicinandosi quasi al mondo del fumetto e, oserei dire alla fantascienza. Sì, perché c’è un qualcosa di magico ed inspiegabile nella metamorfosi di Isabella, che si trasforma quasi in un’eroina perfetta ed invincibile, alla Batwoman, che mantiene, neanche troppo celata, una profonda umanità, e il suo tallone d’Achille.

Il libro possiede una trama fitta, congeniale, scorrevole, molto veloce, (per i miei gusti anche troppo). La storia si srotola e si riavvolge continuamente, attorno ad un fatto di cronaca, avvenuto sette anni prima, che rappresenta il fulcro nodale al quale è abbracciata l’intera vicenda, e attorno al quale essa morirà, attraverso un ultimo respiro, nelle ultime righe del romanzo. Si tratta della morte di un figlio, un dolore colossale e profondo, difficile da esprimere a parole, ma evidente da leggere tra le righe. Si parla di ingiustizia, vergogna, sofferenza, impotenza, riscatto, e vendetta.

La protagonista, una donna glaciale, ferma, risoluta e determinata, è una vittima di un errore burocratico, un classico esempio della malagiustizia italiana, che ha causato, dopo una serie di avvenimenti spiacevoli, il suicidio del figlio. Si parla di malagiustizia, di truffa, ma soprattutto di questa donna che, accecata dal dolore, si trasforma in una eroina dalla doppia vita, pronta a sacrificare la sua vita pur di ottenere giustizia.

“Il suo aspetto mite le faceva gioco. Era soltanto una donna di mezza età ancora piacente, vestita con un semplice tailleur con pantalone e mocassini di pelle scamosciata”.

Queste sono le sole indicazioni che riusciamo ad estrapolare dal libro, riguardo all’aspetto apparente di Isabella. L’autrice, di fatto, si concentra maggiormente sui fatti; l’azione brucia tra le pagine, gli avvenimenti si susseguono, veloci, lesti, quasi accavallandosi. L’aspetto psicologico di questa donna si intuisce da questi, e ne emerge un essere disperato, pronto a tutto, dalla mente geniale, diabolica, immediata. Isabella inscena un piano prodigioso, calcolato nel minimo dettaglio, perfetto. Nessuna sbavatura pervade nella sua risoluta e ferma decisione: vuole vendetta e giustizia. Ed è fermamente determinata ad ottenere ciò che vuole.

Ma c’è un sentimento più grande che si srotola tra le righe del romanzo d’esordio di Gabriella Grieco: l’amore.

Ebbene sì, cari lettori, è ancora l’amore la consapevolezza principale, il principio base, il re dei sentimenti, capace di tenere sotto scacco il mondo intero. E parliamo dell’amore più nobile e profondo che possa esistere al mondo, il legame indissolubile tra madre e figlio.

“Sono i figli che seguono, dolenti per un poco, il feretro dei genitori. Poi riprendono a vivere, com’è giusto che sia, rafforzando il ricordo e allontanando la sofferenza. Ma quando sei tu a sopravvivere a tuo figlio non smetti mai di soffrire, di immaginare la vita che avrebbe avuto, di sentirlo sempre dietro di te, senza più vederlo, toccarlo, mai più. Tacque. Non c’era altro da dire”.

E non c’è proprio più altro da dire, l’amore, che acceca Isabella, si rivela finalmente in tutta la sua potenza, in queste ultime poche righe, ma sgocciola come un rubinetto chiuso male, intingendo l’intero romanzo, e accompagnando a braccetto la narrazione completa.
Un ulteriore punto degno di nota, per il quale merita spendere due parole, è il detonatore. Un piccolo aggeggio che funziona a cessazione di pressione, collegato elettronicamente ad un ricevitore di impulsi, legato ad una cintura, cinta al tronco dei tre ostaggi.
Un esplosivo decisamente congeniale, studiato nel minimo dettaglio, rischi e vantaggi. Arma letale per chi è disposta a tutto, e non ha paura di morire. La morte è comunque un’opziona accettabile.
Un romanzo al femminile, dove la figura della donna si tinge di eroismo, forza, tenacia, ma anche genuinità e amore. E tali caratteristiche emergono non solo nella protagonista, Isabella, ma anche nella figura dell’infermiera Antonella De Santis. Non smetterò mai di chiedermi quanto sarebbe stato più bello, fluido e significativamente brillante, se l’autrice avesse dedicato più spazio a tale figura.
Ma questo non è altro che il gusto personale di una femminista convinta, e di un’amante delle supereroine quale sono; che di certo non può che accentuare la forza di questo romanzo.

 

Nessun commento:

Posta un commento