[Volevo lasciare un segno di me.
Volevo lasciare qualcosa di mio, dedicato a François Combe e
Kay.
Nel disperato tentativo di rielaborare un lutto.
Il lutto per la fine di un mondo, racchiuso in un solo
libro.
Prima che io prenoti un biglietto di solo andata per
Manhattan_
Alla ricerca di quella solitudine infinita_
Che non è poi tanto diversa da questa_]
Era sufficiente perdersi in quegli occhi grigi, per
accorgersi di quanto tutto fosse terribilmente banale.
La vita era banale, il male, la felicità, l’essere umano,
era tutto sorprendentemente banale.A cosa sarebbe servito, colmare il vuoto con petali di fiori, e frasi d’amore che poco appartenevano al suo fragile cuore? A coprire i segni d’infinite fragranze, curve sensuali, sguardi languidi, che ancora aleggiavano in quell’aria soffocante. Non era necessario camuffare lo squallore di una stanza bianca. Una stanza che portava i segni di un’infinita solitudine, trascorsa a soddisfare esigenze umane, cariche di frustrazione.
Due seni provocanti si abbandonavano totalmente a lui, nell’infinita dolcezza della disperazione. L’ultimo sorso di Whisky ancora doveva fare il suo corso, quando veniva irrimediabilmente travolto da un’altra ondata di alcool, e ancora, un’altra ancora. Golate violente come uno tsunami.
L’ingenuità di un corpo assente, primo di un’anima, e di un qualsiasi altro sentimento umano, accoglieva l’aggressività di due seni tondi, ancora carichi d’amore.
La strada si apriva dinnanzi a loro, come un tappeto rosso in una serata di gala.
Un fetore di Whisky si liberava dalle loro bocche ansanti, affamate d’amore, e di violenza carnale.
Vagavano per i marciapiedi di una città grigia; grigia proprio come il colore delle tue pupille, Kay, preziose come la delusione che le avrebbe abbandonate al buio di quella notte. Avanzavano lentamente, l’uno abbandonato all’altro, reduci da una disastrosa battaglia interna, che ancora doveva concludersi.
Sentiva il calore della disperazione, alitargli sul collo. Due corpi fusi in un’unica solitudine.
Ma lei non era Lei.
Lei non era Key.
E niente poteva rivelarsi più squallido, alla debole luce di una timida luna, del passare da una solitudine, al letto di un’altra.
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