Ci sono cose, che l'Essere Umano preferisce non Vedere_
Sono quelle cose che lasciano un retrogusto Amaro, difficile da Mandare Giù_
Cose che Nessuno ci Insegna ad Affrontare,
E che Chiudiamo Semplicemente in Un Cassetto, Nella Nostra infinita Memoria_
Sono Le Cose Che Mi Spingono a Prendere Una Pagina Bianca, E Ad immergermi Dentro_
Sono le Cose che Mi Spingono A Sporcarmi continuamente Del Mio Inchiostro,
Sulla Medesima Pagina Bianca_
Dal Vangelo Secondo Elisa_
Dal Maggio 2014_ Un Flusso Di Coscienza della Leonessa
che Combatte contro I Mulini A Vento_
E Che Ancora, Non ci Pensa Proprio Ad Arrendersi_
[Non si sa mai dove ci porti la vita. Non si sa mai, chi avrà il privilegio d’incrociare il tuo sguardo impenetrabile, diretto, tagliente, mortale. E’ una sfida continua, che non ammette rivali.
La leonessa si liscia il suo pelo splendente, e nasconde
abilmente le ferite.
Spesso capita di pensare a dove ci si trova ora. Ai
traguardi raggiunti, sempre e comunque troppo piccoli, troppo insignificanti
per renderli degni di nota. Eppure qualcosa si raggiunge sempre, un passo dopo
l’altro. E’ un processo inevitabile della vita di ogni essere umano. Ed è un
processo bellissimo. La vita stessa, forse, è davvero bellissima.
Questo, strano a dirsi, accade anche a Gin. E si, la vita
riserva anche a lei tantissime sorprese, che accoglie ogni giorno con molto
entusiasmo, e con qualche piccola, piccolissima, ed insignificante bestemmia.
Voglio pensare che da due settimane a questa parte, la vita
mi sia cambiata definitivamente. In meglio. E si, concedetemelo una sacrosanta
volta un cambiamento positivo! Qualcosa di meraviglioso, magico, ancora misterioso, impercettibile all’occhio umano, è accaduto. Si, è successo qualcosa. Qualcosa d’incredibilmente banale, uno sbadiglio violento, alla luce di quel nuovo giorno. Uno schiaffo morale alla tua presunzione, una briciola di catrame, sul tuo pelo immacolato da leonessa.
Tutto, e il contrario di tutto. Non è importante sorridere,
bonariamente, come una bambolina di ceramica, appena uscita da una vetrinetta.
E’ importante issare il muro. Il tuo muro. E tirare fuori le unghie smaltate,
da leonessa di classe.
Gin, due settimane fa, ha partecipato ad un corso di
formazione. Partiamo da qua.C’era una volta un corso di formazione. Che strano, mi pare di aver già iniziato una storia in questo modo, con la medesima frase. Eppure, non faceva così.
C’era una volta una formazione. Una formazione che si svolgeva in una stanza, nuda e triste, al di sopra di un piccolo circolo acli, affollato da mille amanti del cicchetto.
Venti persone disposte a cerchio, si fissano timidamente
negli occhi.
Una leonessa si liscia il suo pelo splendente, e nasconde
abilmente le ferite.Nessuno proferisce parola. Si deglutisce a fatica, assillati da questo silenzio soffocante.
Le pareti sono diventate ghiaccio. Vitree. Leggere ma fredde. Un passaggio inevitabile.
Gin non ha paura, lei non ha paura di niente. Si sistema
lentamente la canotta, assicurandosi di non avere nudità scoperte. Il pizzetto
cade alla perfezione, scoprendo solo leggermente la coda dello scorpioncino,
sul seno sinistro. decide di concentrarsi.
Difficile a farsi. La mente lavora sempre. Troppi pensieri,
sbagliati. O forse giusti, chi può dirlo.Alzando lentamente lo sguardo, entra inevitabilmente in contatto con le persone che le stanno intorno. Alcune mostrano già a primo impatto un carattere debole, buono, accondiscendente. Classiche persone che Gin si mangia a colazione. Se non fosse che l’incertezza di questa nuova sensazione, di questo nuovo silenzio, carico di azione, le ha chiuso del tutto lo stomaco.
Altri componenti del cerchio trasmettono timore, paura,
incertezza. L’incertezza, è forse il sentimento che probabilmente ci accomuna.
Una leonessa si liscia il suo pelo splendente, e nasconde
abilmente le ferite.
Strano, cinque secondi che ho alzato lo sguardo, e ho già
trovato un qualcosa che mi accomuna a questi estranei.
C’è una persona, che abita questo mio cerchio. Una persona che osserva gli altri a testa
alta, ostenta sicurezza. Una strana consapevolezza, che gli permette di
assumere questa postura; fiera, sicura, decisa. Non è presunzione, non è
strafottenza, né tanto meno cattiveria o menefreghismo. C’è qualcosa che va al
di la di tutto questo. Oddio lo sto fissando, cazzo. Ha degli occhi bellissimi,
azzurri. Profondi. Occhi chirurgici, che mi penetrano all’interno, fino a
strizzarmi il cuore. Mi sta guardando. Sta guardando proprio me.
Improvvisamente mi sento nuda, spogliata da ogni mia veste.
Non esiste più nessuna canottiera con il pizzetto, nessun pantacollant in grado
di farmi un lato b da urlo. Non esiste più nulla. Mi sento come un’immagine riflessa in uno schermo,
nell’attimo prima di premere il tasto play. Il sangue si solidifica nelle vene.
Il mio viso, si colora improvvisamente di un trucco indelebile, che odora di
morte.
Quest’uomo mi sta succhiando l’energia vitale. Sto morendo
lentamente sotto i colpi di due occhi di ghiaccio. Occhi avari, golosi, sadici.Coraggio Gin, niente panico. Reggi lo sguardo, ostenta sicurezza. Tu ce la puoi fare.
Una leonessa si liscia il suo pelo splendente, e nasconde abilmente le ferite.
E la battaglia ha inizio. Una battaglia interiore della stessa intensità di quella combattuta dall’Orlando furioso, per conquistare il cuore della sua Angelica. In quella stanza bianca, spoglia, vuota, sono rimaste solo più due persone. Io e lui. Oddio Gin, ti prego, non farlo, ti prego non assumere quel tuo solito sguardo di sfida. Non è una gara. Non devi apparire più forte di nessuno. Non devi apparire più figa di nessuno. Non devi apparire e basta. Quell’uomo non ti sta guardando perché ti vede bella. Quegli occhi di ghiaccio non stanno fissando il tuo scorpioncino, né tanto meno i tuoi rotolini di ciccia. Quell’uomo non sta guardando le tue lunghe ciglia, e neanche i tuoi occhi color miele. Probabilmente non ti sta neanche più fissando, magari neanche l’ha mai fatto, è stato semplicemente frutto della tua fervida immaginazione. Stupida Gin.
Eppure quegli occhi, inizialmente freddi come una giornata
d’inverno, sono diventati del colore del mare, caldi, invitanti. Hanno mosso un
meccanismo al mio interno. Gli ingranaggi di una macchina.
Credo possa essere il cuore.
Ok Gin, torna in modalità Orlando furioso. E anche se sei
nuda, e aperta come un libro, puoi ancora mantenere un minimo di contegno, una
parvenza di dignità, una briciola del tuo gigantesco orgoglio.
Una leonessa si liscia il suo pelo splendente, e nasconde
abilmente le ferite.
Valutiamo le reali soluzioni: volendo puoi provare a
spogliarlo pure tu. Che ci vorrà mai? Concentrati.
No, no, Non si può. Assolutamente sbagliato. Spogliarlo con
gli occhi. Cioè spogliarlo interiormente. Oh cazzo, Gin, in senso metaforico,
mi sembra ovvio!
Che diavolo ti stai immaginando? Resetta. Resetta. Resetta.
E’ chiaro che non funziona. Con te non funziona. Hai un cervello decisamente
troppo malato. All’ultimo stadio di una malattia mortale. Mortalissima (mi
concedo anche il lusso di coniare un nuovo termine).
Piano B: Cara Gin, è tanto difficile ed impossibile
l’ipotesi di essere semplicemente te stessa? Ok, non sei un gran che. Ok
quest’uomo ha una sicurezza ed una pace interiore da far invidia al povero
Gandhi. Che tu, chiaramente, non raggiungerai mai, neanche tra un milione di
anni. Ma a che serva fingere ora?“Esalta i tuoi difetti, e trasformali in punti di forza”. Chi è già che diceva sta stronzata?
Bene, da ora in poi sarà un mio punto di forza essere una testa di cazzo, imbranata, pasticciona, casinista, disorganizzata, con la testa tra le nuvole.
Diventerà una cosa positiva non avere prospettive, non avere
un vero talento, continuare a sognare, e a sperare che qualcuno mi lanci un
segno. Un cazzo di segno che mi indichi una giusta direzione da prendere. Sarà
un pregio essere egoista, stupidamente egocentrica, e bisognosa d’Amore.
Quest’uomo, dallo sguardo penetrante capace di leggerti
dentro, dalla pace interiore, dalla voce profonda, ha il potere di catturarti,
come il leone fa con la gazzella. E tu ti trasformi improvvisamente da
cacciatrice a preda. Ancor prima che il cervello mandi l’impulso di scappare, di salvarti, è
già troppo tardi.Una leonessa si liscia il suo pelo splendente, ma non riesce più a nascondere le sue ferite.
Sei già stata catturata, spogliata, colta nel fallo. Inutile fingere, inutile tentare di mettere insieme i cocci di un muro che sta crollando miseramente sotto il peso di una verità pesante.
Un muro che mi sta crollando davanti. Mostrandomi nuda per la prima volta.]
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