Quella sciarpa viola mi stringeva la gola. Mi bloccava il
respiro, ma permetteva alla mia fragile anima di mantenere il contatto con
l’intimità della mia cellula.
Ero un cane legato alla catena, impotente. Un abbaio solo
avrebbe scheggiato i vetri di un castello di cristallo. Una torre d’avorio
nella quale risiedevo da sempre, nella quale mi proteggevo, dalle insidie del
mondo esterno. Tutto era perfetto, sicuro, protetto, e bellissimo, nella mia
grande casa incantata.Quella sciarpa viola, quella sciarpa maledetta, cingeva il mio collo, i giorni in cui la luce del mondo esterno feriva le mie immacolate pupille di luce nuova. La luce viva, che mi violava fin nel profondo, come l’ago affilato di una siringa, conficcato in un occhio.
La vulnerabilità della mia anima, in quei momenti, era alle stelle.
La fragilità del mio esile corpo, paralizzava i miei arti, impedendomi di fuggire, lontano da quella morsa.
La fragilità dell’animo umano, è un ribosoma che naufraga nel mare di un citoplasma in tempesta, fuoriuscendo dalla sua cellula nativa.
La mia torre d’avorio era una cellula eucariote, strutturata in un solido scheletro interno, funzionale, e protettiva. Elemento indispensabile e fondamentale, per la creazione di un organo ancora più grande e prezioso, quale era il mio castello di cristallo.
Come un ribosoma impotente, incapace di sopravvivere al di fuori della sua cellula, spegnevo l’interruttore della mia anima, e mi preparavo ad una morte lenta e dolorosa, stretta nella morsa di una sciarpa viola.
Con lo sguardo perso nel ricordo della mia torre d’avorio percorrevo i 102 passi, che mi separavano dalla fermata della metro.
L’attesa era estenuante, la sciarpa troppo stretta.
Stretta al punto che il sudore mi bagnava la fronte, provocandomi vergogna.
Tanto stretta, da rendere ogni mio movimento meccanico e disumano.
Quel mostro sotterraneo spalancava le sue grandi fauci, accogliendomi nell’oscurità della metro.
Quella metro che mi comprimeva le costole, come la sciarpa colorava di viola, il mio fragile collo.
La morte distava ancora di un centinaio di passi.
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