martedì 28 aprile 2015

La Morte Può Attendere_

Quando il non senso ti cammina dentro,
in punta dei piedi,
sporcandoti l'anima_





La tua voglia di me, ti si leggeva negli occhi. Lo specchio dell’anima metteva a nudo l’essenza del tuo essere.
Uno sguardo prepotente e violento, mi inchiodava al muro.

_“Dimmi che mi ami. Lo so che mi ami”.

Le tue labbra umide, bagnate di votka, si univano disperatamente alle mie. Il liquido freddo mi penetrava in gola, fagocitava ogni organo vitale, fino a raggiungere le viscere. L’intero mio corpo si ribellava a quell’acido corrosivo, ma le cellule neuronali no, quelle no, si ubriacavano di felicità ad ogni sorso, e ad ogni tuo bacio.
_“Dimmi che mi ami. Lo so che mi ami”.

La bottiglia giaceva ai tuoi piedi, come inutile oggetto che ha esaurito la sua potente droga. La tua lingua esplorava luoghi sconosciuti, cavità interne e profonde del mio essere.
_“Prendimi ora, e mi avrai per sempre”.

Le tue unghie penetravano nella mia debole carne, il mio volto si squarciava in un debole sorriso. L’amore odorava di una sostanza viscida e sporca, che aggrediva le tue mani, ancora strette al mio collo, e scivolava seguendo la dolce linea dei miei seni. Il mio sangue si colorava di terra rossastra, alle prime luci del mattino, e io mi sporcavo di te.
_“Mi fai male, ma dimmi che mi ami. Dimmelo”

Ti muovevi dentro di me, come un assassino in cerca della sua vittima. Il tuo sguardo mi sbatteva al muro, con una forza inaudita, le dita sottili rubavano la mia innocenza, e mordevano la mia fresca carne. Osservavi il mio battito interno, che rallentava ad ogni tuo morso.
Mangiavi la mia vita, scavando al mio interno. Scariche elettriche attraversavano il mio corpo mutilato, privato dell’essenza femminile. Una voragine separava le nostre anime, un buco nero squarciava il mio pube, ed eruttava dolore.

Improvvisamente la consapevolezza mi schiaffeggiò il volto, il mio corpo ardeva di terrore, vergognandosi della nudità della mia anima.

_“Dimmelo adesso che mi ami. Lo so che mi ami. Non lasciarmi”.
Una scossa violenta, squarciava la crosta terrestre. Un sisma di magnitudo 7,9 aggrediva con forza disumana l’essere umano, che crollava miseramente al cospetto della natura.

Un battito di ciglia, ed ero rimasta sola. Nuda dinnanzi alla realtà che, in una crisi di violenta bulimia, lacerava la mia carne, e distruggeva il contorno del mio essere.

Un terremoto di magnitudo 7,9 metteva in ginocchio un intero paese. La morte si allargava a macchia d’olio, disseminando ovunque, panico e distruzione.

L’odore di catastrofe penetrava le mie narici, annebbiandomi la mente. Il sangue caldo che ancora mi avvolgeva il collo, non era più solo.

Tu non c’eri più, e l’Apocalisse s’impossessava di me. La morte mi violentava, sostituendo la tua presenza.

Le mie pupille vitree, si appannavano di pioggia; il mio cuore, rimbombava nel mio cervello, l’eco del suo ultimo battito.

_“Perché non mi aiuti? Come puoi ridurre tutto ad uno stupido sentimentalismo, e pensare che il mio dramma, sia una banale storia di corna?”.
_“Dimmi che mi ami. Lo so che mi ami”.
_“Cosa aspetti ad abbracciami?”.
La morte può attendere.
[...]

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