Non Resta Che Un Cumulo Di Ossa.
La mia adolescenza è stato un lavoro a tempo pieno. Ero una ribelle di prima categoria, il mio compito era quello di disobbedire, far credere alla gente che fossi esattamente quello che loro volevano che io fossi.
Ero bella, dannata, e menefreghista.
Il sogno di ogni ragazzo.
Possedevo le armi della seduzione; volteggiavo per i viali avvolta da quel giusto alone di mistero, una fragranza creata con un pizzico di ninfomania, mi permetteva di guadagnarmi quel trono di rose, che di dolce aveva solo il nome. Una volta che i miei capelli vennero adornati da quella corona di spine, avevo raggiunto l’apice del mio successo. Mi gustavo la mia condizione da Ape Regina, annusando il sapore della vittoria, e storcendo il naso per quanto sembrasse piccolo il mondo dall’alto.
L’Ape Regina poteva tutto. Comandare, ballare, cantare, ridere, giocare, baciare, fare l’amore. Solo una cosa non poteva fare. L’Ape Regina non poteva piangere.
Violai il mio unico comandamento in una notte senza stelle, quando il mio cuore era talmente buio da sembrare addirittura vuoto. Mi scivolò una lacrima innocente, che accolsi nel calore della mie labbra socchiuse.
Fu così che caddi.
Caddi rovinosamente. Il sapore amaro del mio sangue invadeva le mie papille gustative, scorreva generoso accarezzandomi il volto, e mi scaldava il petto con il suo calore. La corona di spine aveva fatto il suo dovere. L’Ape Regina era stata spodestata.
E’ così che ti scontri con la vita, che, senza mezzi termini, ti mette dinnanzi ad un bivio. La scelta più importante della tua vita.
Aprii gli occhi su me stessa che ero già distesa su un lettino da autopsia, pronta per diventare carne da macello, e vedere le mie membra ammassate in una fossa di cadaveri.
L’odore di morte mi penetrava fin nelle ossa.
Il mio cuore versava lacrime amare, la lama avanzava rapida sulla mia pelle, avida e prepotente, penetrava glacialmente sempre più in profondità, scavando nella mia anima.
Il mio respiro si faceva più lento, accondiscendente; il mio corpo accoglieva quel membro di metallo che scorreva lungo tutta me stessa, regalandomi cicatrici indelebili.
Ma il mio cuore, coraggioso, tamburellava flebili battiti.
Io ero ancora viva.
E da li dovevo ripartire.
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