[Come una perfetta sognatrice imito "Hansel e Gretel", nel loro pellegrinaggio, pieno di insidie e pericoli, alla ricerca della giusta strada che li conduca finalmente a casa.
Come una disperata filosofa, condivido i pensieri terribilmente attuali dell'opera "Aut Aut" di Kierkegaard, padre dell'esistenzialismo].
Lavorare su ste stessi è un impiego stancante ed
estremamente estenuante. Come un esperto zappatore, scavo nel passato, 25 anni
di vita, per scovare quelle prove, testimonianze infallibili, fatti concreti,
al fine di inchiodare un potenziale assassino.
Fotografare tutti gli indizi che ti hanno portato ad
intraprendere una determinata strada, ad inseguire la giusta pista, armata di
un paio di guanti in lattice, che ti lasciano un puzzo nelle mani
insopportabile, e fastidiosamente appiccicoso. Ma consentono di mantenere una
barriera, il giusto distacco con la parte più marcia di te.
Fotografare, analizzare, inscatolare. Un’analisi
introspettiva, una continua ricerca, per arrivare alle origini, scovare la
radici dell’anima, e riportarle a galla. E’ un lavoro meticoloso il mio, tanta
fatica per inchiodare un killer seriale, e condannarlo a morte.
Entrare nella mente di un assassino, per ripescare la vera
nascita del suo crudele sadismo.
Entrare nella mente di un alcolista, per ripescare la vera
nascita della sua dipendenza.
Entrare nella mente di un ladro di bicilette, per ripescare
la vera nascita della sua cleptomania, che sta alla base di un profondo
malessere.
Entrare nella mia, è stata un’impresa titanica, pericolosa,
degenerante; ma allo stesso tempo il viaggio più avventuroso che io abbia mai
fatto.
La mia pista è partita da una fotografia della normalità,
dai colori un po’ sbiaditi e gli angoli spiegazzati. Il ritratto di una bella
ragazza, come tante altre; sorride scoprendo un po’ troppo i denti irregolari, ma
ha gli occhi spenti, persi nel vuoto. Indossa un vestito molto corto, uno di
quelli che ti regala la libertà di assaporare le carezze del vento, anche nelle
zone più intime e oscure dell’inguine. E’ una donna esibizionista, oppure
un’anima innocente, che implora disperatamente uno sguardo.
La mia pista mi ha condotto ad un bivio. Due strade
parallele, simili, ma estremamente diverse: una asfaltata, e contornata da
aiuole fiorite; l’altra ciottolata, ricoperta di ghiaia, un terreno
terribilmente sterile. La prima saliva, saliva, saliva, e man mano che
raggiungeva le stelle, la superficie aumentava esponenzialmente, da una
semplice via si era trasformata in una bellissima superstrada a doppia corsia.
L’altra scendeva, giù, sprofondando fin sotto terra, e si stringeva, mutando il
suo aspetto in un sentierino di campagna, obbligando quasi la fila indiana.
Raggiunto quel bivio mi sono ritrovata sopraffatta dalla
disperazione che sta dietro ad ogni scelta. Così diceva Kierkegaard, nella sua
opera “Aut Aut_ O, O”, esponendo il grande peso esistenziale della scelta, e il
definitivo compito, che ognuno ha in quanto individuo, della realizzazione di
se. Analogamente il mio sangue solidificava nelle mie vene, bloccava i miei
muscoli, mi pietrificava dinnanzi a quella scelta che tanto mi turbava. Un
involucro senz’anima sbiadiva i suoi colori, fino a diventare una monotona
scala di grigi, davanti alla scelta di due parti di se.
Due strade, due personalità, due aspetti, e due caratteri
totalmente diversi. Una enorme, gigantesca, bella e fiorita, permetteva
addirittura di accogliere l’affluire del traffico domenicale; l’altra stretta,
sterile, calpestata, rendeva difficoltoso la percorrenza tenendo per mano
un’anima affine.
Due vie che riconducevano ad un’unica direzione: la
salvezza.
Come un’abile Hansel avevo sparso le mie briciole di pane sul
terreno di entrambe le strade, nel disperato tentativo di ritrovare finalmente
la mia casa; l’unico posto dove avrei potuto stare in pace con me stessa, ed
abbracciare il mio essere, nella sua totalità.
Esattamente come Hansel avevo perduto la via del ritorno, e
mi ritrovavo smarrita in mezzo ad un bosco spento e scheletrico, che odorava di
fallimento.
Esattamente come Hansel, tentavo invano di mantenere saldi i
nervi, puntando tutto sulla parte di me Maiuscola, che avrebbe di certo trovato
una soluzione. La mia mente malefica lavorava, architettando chissà quale altro
salvagente, al quale aggrapparsi per non affondare, mentre il mio corpo si
chiudeva a riccio, consolando la mia Gretel. Che altro non è che l’atra parte
di me. 

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