lunedì 23 febbraio 2015

Ottavo Boccone Amaro__ Ladri Di Biciclette


Ci sono dei giorni in cui mi sveglio diversa, mi alzo dall’altra parte del letto, mi sento carica, iperattiva, e totalmente fuori controllo.

E’ in quelle giornate speciali che divento una ladra di biciclette.

Il demone si impossessa di me, un piccolo neurone infetto, penetra nel mio cervello e, come accade nelle più geniali dittature totalitarie, assume il comando dell’intero organismo.

E’ un neurone dotato di un forte carisma, quello, e della giusta follia che accompagna tutti i buon leader dei grandi fallimenti.

Quelle particolari giornate partono con un risveglio traumatico; apro gli occhi accompagnata da una strana energia, una potenza che gonfia nelle mie vene, nutre i miei muscoli, impazza nel mio cuore.

Sono come posseduta dalla più strana forma di cleptomania mai vista prima, sono affetta da una passione morbosa per le biciclette, devo possederne ogni pezzo, ogni piccolo particolare, dal parafanghi colorato, al sellino di una da corsa, al campanellino delle biciclette di campagna.

E’ così che divento una ladra di biciclette. E’ per questo che parto come un’indemoniata e, appena vengo lasciata sola, appena il mondo inizia a girare, la gente a camminare, gli uccellini a cinguettare, le macchine a circolare lungo le strade di città; io inizio a rubare, prendere, fregare, impossessarmi di ogni particolare di bicicletta.

Piccolo o grande che sia, non importa. E’ mio. E’ questa la mia cleptomania. Mi riempio di tutto il mio oro possibile, sono avida, affamata di quella prelibatezza ferrosa, tutto può essermi utile, nulla è da escludere. Totalmente fuori controllo mangio, mangio, mangio. Rubo, rubo, rubo. Tutto quello che trovo davanti. Divoro parti intere di biciclette, dalle gomme, ai raggi, ripulisco tutto, non lascio nemmeno una briciola. Sono una ladra scaltra, meglio di Lupin io, e quando sono affetta dalla mia cleptomania, niente mi può fermare.

Niente tranne…  I sensi di colpa.

Sono una ladra di biciclette sensibile, e anche io, come tutti, ho bisogno d’amore.

Il danno è fatto, è vero, mi assumo le conseguenze del mio settimo peccato capitale.

Torno sui miei passi, ma è troppo tardi. Lo so, non sono un’incosciente.

Tento invano di ricostruire i pezzi di una graziella bellissima, deve valere un sacco di soldi. Non so se faccio un buon lavoro, sono troppo accecata dal dolore per concentrarmi, troppo sofferente per centrare il buco di un bullone.

Spargo tracce della mia presenza ovunque, tutt’intorno all’oggetto incriminato. Lascio un segno di me pur sapendo che potrebbe condannarmi.

Ma quando abbiamo una bomba a mano al posto del cuore, gonfia di dolore, e pronta ad esplodere, siamo incredibilmente portati a fare la cosa giusta, nel disperato tentativo di ritrovare un po’ di quell’affetto perduto.

Noi ladri di biciclette abbiamo un’incredibile carenza d’amore, e colmiamo il nostro vuoto rubando pezzi, parti speciali di questi oggetti luccicanti.

Tutti i grandi ladri possiedono un grande cuore che scalpita nel petto, in attesa di essere ascoltato. Troppo spesso, purtroppo, la sua è un’attesa eterna.

Oggi vado incontro alla mia tortura con uno spirito diverso. Entro in quella stanza con una strana luce negli occhi, e saluto le mie compagne di sventure con un caldo abbraccio.

Minnie contraccambia con uno sbuffo, perché sto soffocando le sue due ossa sistemate a casaccio, che ancora si ostina a chiamare “corpo”, e Pucca puzza talmente tanto di sudore da farmi quasi svenire. Judie è perfettamente perfetta come sempre, con il suo caschetto biondo, e le sue caviglie tanto magre e snelle che sono anche la causa maggiore del mio odio.

Grace mi sorride contenta, sa che è solo un inizio, ma credo possieda quella tipica follia che da sempre contraddistingue i grandi leader.

Contraccambio il sorriso poggiando le mie povere natiche, un tempo anche belle sode, su quella scomoda sedia capace di trasformarle in un blocco cubico; e, con un’aria maliziosa, e accompagnata da un briciolo di speranza, mi tasto il taschino della camicia.

Ora posso morire in pace.

Il campanellino di quell’ultima bicicletta è ancora al suo posto, al sicuro, proprio sul mio petto.

E la mia nuova graziella è parcheggiata lì fuori, ad aspettarmi, per inaugurare la mia prima pedalata.

La prima pedalata verso un futuro migliore.

 

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