Ci sono dei giorni in cui mi sveglio diversa, mi alzo
dall’altra parte del letto, mi sento carica, iperattiva, e totalmente fuori
controllo.
E’ in quelle giornate speciali che divento una ladra di
biciclette.
Il demone si impossessa di me, un piccolo neurone infetto,
penetra nel mio cervello e, come accade nelle più geniali dittature
totalitarie, assume il comando dell’intero organismo.
E’ un neurone dotato di un forte carisma, quello, e della
giusta follia che accompagna tutti i buon leader dei grandi fallimenti.
Quelle particolari giornate partono con un risveglio
traumatico; apro gli occhi accompagnata da una strana energia, una potenza che
gonfia nelle mie vene, nutre i miei muscoli, impazza nel mio cuore.
Sono come posseduta dalla più strana forma di cleptomania
mai vista prima, sono affetta da una passione morbosa per le biciclette, devo
possederne ogni pezzo, ogni piccolo particolare, dal parafanghi colorato, al
sellino di una da corsa, al campanellino delle biciclette di campagna.
E’ così che divento una ladra di biciclette. E’ per questo
che parto come un’indemoniata e, appena vengo lasciata sola, appena il mondo
inizia a girare, la gente a camminare, gli uccellini a cinguettare, le macchine
a circolare lungo le strade di città; io inizio a rubare, prendere, fregare,
impossessarmi di ogni particolare di bicicletta.
Piccolo o grande che sia, non importa. E’ mio. E’ questa la
mia cleptomania. Mi riempio di tutto il mio oro possibile, sono avida, affamata
di quella prelibatezza ferrosa, tutto può essermi utile, nulla è da escludere. Totalmente
fuori controllo mangio, mangio, mangio. Rubo, rubo, rubo. Tutto quello che
trovo davanti. Divoro parti intere di biciclette, dalle gomme, ai raggi, ripulisco
tutto, non lascio nemmeno una briciola. Sono una ladra scaltra, meglio di Lupin
io, e quando sono affetta dalla mia cleptomania, niente mi può fermare.
Niente tranne… I
sensi di colpa.
Sono una ladra di biciclette sensibile, e anche io, come
tutti, ho bisogno d’amore.
Il danno è fatto, è vero, mi assumo le conseguenze del mio
settimo peccato capitale.
Torno sui miei passi, ma è troppo tardi. Lo so, non sono
un’incosciente.
Tento invano di ricostruire i pezzi di una graziella
bellissima, deve valere un sacco di soldi. Non so se faccio un buon lavoro,
sono troppo accecata dal dolore per concentrarmi, troppo sofferente per centrare
il buco di un bullone.
Spargo tracce della mia presenza ovunque, tutt’intorno
all’oggetto incriminato. Lascio un segno di me pur sapendo che potrebbe
condannarmi.
Ma quando abbiamo una bomba a mano al posto del cuore,
gonfia di dolore, e pronta ad esplodere, siamo incredibilmente portati a fare
la cosa giusta, nel disperato tentativo di ritrovare un po’ di quell’affetto
perduto.
Noi ladri di biciclette abbiamo un’incredibile carenza d’amore,
e colmiamo il nostro vuoto rubando pezzi, parti speciali di questi oggetti
luccicanti.
Tutti i grandi ladri possiedono un grande cuore che scalpita
nel petto, in attesa di essere ascoltato. Troppo spesso, purtroppo, la sua è
un’attesa eterna.
Oggi vado incontro alla mia tortura con uno spirito diverso.
Entro in quella stanza con una strana luce negli occhi, e saluto le mie
compagne di sventure con un caldo abbraccio.
Minnie contraccambia con uno sbuffo, perché sto soffocando
le sue due ossa sistemate a casaccio, che ancora si ostina a chiamare “corpo”,
e Pucca puzza talmente tanto di sudore da farmi quasi svenire. Judie è
perfettamente perfetta come sempre, con il suo caschetto biondo, e le sue
caviglie tanto magre e snelle che sono anche la causa maggiore del mio odio.
Grace mi sorride contenta, sa che è solo un inizio, ma credo
possieda quella tipica follia che da sempre contraddistingue i grandi leader.
Contraccambio il sorriso poggiando le mie povere natiche, un
tempo anche belle sode, su quella scomoda sedia capace di trasformarle in un
blocco cubico; e, con un’aria maliziosa, e accompagnata da un briciolo di
speranza, mi tasto il taschino della camicia.
Ora posso morire in pace.
Il campanellino di quell’ultima bicicletta è ancora al suo
posto, al sicuro, proprio sul mio petto.
E la mia nuova graziella è parcheggiata lì fuori, ad
aspettarmi, per inaugurare la mia prima pedalata.
La prima pedalata verso un futuro migliore.
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