Varco la soglia di quell’edificio, che è diventato un po’
come la mia seconda casa, con disinvoltura, dall’alto delle mie zeppe
primaverili, accessorio adatto ad una giornata illuminata da un sole potente, capace
di sciogliere i tre metri di neve.
Vengo accolta da Grace, l’infermiera, che mi rivolge un
sorriso beffardo e mi scruta con aria misteriosa.
“Oggi è il tuo giorno, cara”. Evviva, ho sempre voluto
essere la star del momento!
Me lo sentivo che c’era sotto qualcosa.
Vengo travolta da un’ondata di calore massiccia, che mi
penetra nei polmoni, e mi infiamma il volto. Non è di certo sintomo di una
precoce menopausa, ma forse causa del surriscaldamento globale. Si, dev’essere
così.
“Si è rotto il termostato”.
Bene, ora Grace mi legge pure nel pensiero.
Una volta raggiunta quella squallida cella, si siede accanto
a me, e mi guarda fisso negli occhi. Il suo sguardo mi penetra dentro, e,
oltrepassando ogni ostacolo, si fa largo tra i miei organi vitali. Le orecchie
prendono fuoco, di nuovo, e io mi sento improvvisamente nuda come un verme,
dinnanzi alla cruda realtà.
“Ho rubato io la caramella, signora maestra, la prego, non
mi sgridi!”
Più tardi avrò il colloquio con la dottoressa, e si deciderà
finalmente di che morte farmi morire. E io ancora sono indecisa se sia meglio
l’annegamento, o diventare il pranzo di un gruppo di Piranha.
L’arrivo di Pucca e Minnie mi rassicura, e mi riporta alla
seppur piuttosto misera realtà.
E dire che oggi mi ero pure vestita bene, ero riuscita ad
infilarmi i jeans, che non mettevo da tempo per paura dell’effetto “cotechino”,
e abbinati alle zeppe primaverili, ero certa mi slanciassero la gamba.
Mi consolo al pensiero che accanto all’enormità di Pucca
sarò sempre un grissino, uno di quelli che i suoi dentini avidi da roditore macinano
ad ogni pasto; e di fronte alla persona che è Minnie, beh, sarò sempre una
ragazza sveglia e vivace, come un bambino eccitato all’idea di andare al Luna
Park con il suo papà.
Subito realizzo che il mio solito posto è occupato da un’altra
ragazza. Judie mastica il suo boccone sorridendomi a bocca chiusa, e smuovendo
il suo caschetto biondo da una parte all’altra, dona alla nostra cella buia un
po’ di colore, trasmettendo al mondo calore e serenità. Peace and Love.
Già la odio, e anche se il suo animo sembra davvero sincero
non riesco a farmela andare giù. E’ come quel primo pezzo di zucchina che mi
rimane fermo in gola, quasi facendomi soffocare, quando, sempre sfoggiando il
suo sorriso migliore, mi rivela che frequenta questo magnifico luogo dal lontano
2009.
Consumiamo il nostro pasto in silenzio. Nessuno osa più
proferire parola, e io so di essere totalmente assente, immersa nel mare dei
miei pensieri. Lo sguardo fisso sul mio misero pasto. Il sedere poggiato su
quella scomoda sedia di quello squallido refettorio. Terminiamo il pranzo
mantenendo un’atmosfera di pace e quiete, quasi ci fossimo teletrasportati
nella malinconia di un convento di clausura. Ho come l’impressione che anche la
naturale digestione sia abbastanza rumorosa da scatenare l’inferno.
Niente panico. Non trovo il coraggio di sollevare il mio
pesante sguardo, rimasto fisso sul mio vassoio vuoto per un tempo infinito.
Niente panico. Judie e il suo caschetto biondo saranno anche
qua dal 2009,ma c’è da dire che Pucca ha preso i voti, varcando la soglia del
monastero, solo tre anni fa, e che Minnie, la mia cara amica Minnie, beh,
probabilmente lei qui ci è nata.
“Signora maestra, ho rubato io la caramella, la prego, mi
dia una bella sculacciata!”
O forse sarebbe meglio una botta in testa.
In questo clima festaiolo mi avvio amareggiata e avvilita
verso l’ufficio della dottoressa.
Oggi è il mio giorno. Evviva, ho sempre voluto essere la
star del momento!
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