Steve Jobs, Mark Chagall, Albert Einstein, Hannah Arendt.
Che cos’hanno in comune queste quattro personalità, apparentemente distaccate tra di loro, l’una con l’altra?
Ebbene, udite udite, questi quattro nomi appartengono a persone che hanno in qualche modo mutato il corso della civiltà umana, chi in campo letterario, chi artistico, chi scientifico ed informatico; assicurandosi un posto nei libri di storia.
Non è da dimenticare, inoltre, che uno degli uomini che ha maggiormente cambiato il corso del progresso umano negli ultimi dieci anni, era figlio di un siriano, emigrato negli Stati Uniti nel 1954. Forse ne avete sentito parlare, si chiamava Steve Jobs.
Per non parlare della fuga dal nazismo, vissuta sia dal pittore Mark Chagall, sia dalla filosofa Hannah Arendt, che dallo scienziato Albert Einstein, tutti di origine ebrea.
Alla luce di tutto ciò, cos’hanno in comune queste quattro brillanti personalità?
Il fenomeno dell’immigrazione.
Si, avete sentito bene, si parla d’immigrazione. Perché l’immigrazione, come forse ben sappiamo, ma preferiamo ignorare, non è di certo una novità. Agli inizi del 900 viveva in Italia un forte sentimento razzista; gli immigrati venivano spesso definiti scansafatiche, e intralcio per la società nascente. E la stessa cosa accadeva per il risvolto della medaglia, ovvero per l’italiano immigrato in America. Ci siamo forse scordati la celebre canzoncina che cantavano spesso i nostri nonni?
Faceva all’incirca così “Mamma mia dammi 100 lire che in America voglio andar…”
Le comunità di italiani immigrati erano spesso chiuse ed isolate; imparare la lingua ed integrarsi non era affatto una priorità. Il pregiudizio più comune era che l’italiano nascesse da un’indole violenta, che fossero tutti mafiosi, eccessivamente sentimentali, superstiziosi, rozzi ed ignoranti.
Questi fatti sono utili per ricordare che i pregiudizi sono un boomerang: prima o poi colpiscono chi li scaglia. E a scagliarli, ora, siamo in tanti.
Venivamo additati esattamente come i rifugiati di adesso, perché è di questo che voglio parlare; su di noi incombevano gli stessi pregiudizi. Ma si fa presto a dimenticare.
La situazione, ad ora, è terribile, e ancor più terribile è l’impotenza di ciò che non si riesce a fare.
Una valanga carica d’immigrati sta destabilizzando l’intero continente europeo, disseminando ovunque terrore, accompagnato da sentimenti di odio e razzismo, da tempo assopiti nelle nostre memorie.
La domanda generale è: “perché questo problema non si riesce a risolvere?”
Nel tentativo di svelare questo impossibile quesito, ne pongo nell’immediato un altro.
“Ci siamo mai chiesti come affrontiamo noi, in quanto italiani, europei, e cittadini, nati nella parte più fortunata del mondo, il fenomeno dell’immigrazione”?
Ebbene, scoprirete, ponendovi tali domande, che i sentimenti principali, che emergono dalle nostre menti occidentaliste, sono di negazione, rabbia, negoziazione, depressione, e accettazione.
Prevale la rabbia quando pensiamo che i rifugiati siano una minaccia per il nostro stile di vita, tra di loro si nasconderanno sicuramente fondamentalisti islamici, devono essere fermati prima che sia troppo tardi.
Pervade il sentimento di negoziazione, se di sentimento si può parlare, quando pensiamo a stabilire delle quote per dare un sostegno economico a questa povera gente, al fine di realizzare dei campi profughi nel loro paese.
Sopravviene la depressione, quando ci sentiamo perduti, piccoli ed indifesi, schiacciati come formichine su una piastrella, dinnanzi all’enorme mole di rifugiati che sbarca ogni giorno sulle nostre terre. Pensiamo davvero che l’Italia, anzi no, l’Europa, si stia trasformando in MusulmaniLandia?
Come risolverlo? Cause e nascita degli stati falliti.
Prima di tutto è importante capire che la maggior parte dei rifugiati proviene da “stati falliti”, la così detta parte sfortunata del mondo. Stati nei quali l’attività pubblica è più o meno inerte. E che questa disintegrazione del potere statale non è un fenomeno locale, bensì la conseguenza di pratiche economiche e politiche internazionali, e in alcuni casi, come in Libia e in Iraq, è conseguenza diretta di interventi fallimentari da parte dell’Occidente. Questo fatto rappresenta forse una novità questa? Credevamo davvero di avere la fedina penale immacolata?
I così detti “Stati falliti” non sono un fatto casuale, ma un modo con il quale le grandi potenze si assicurano il mantenimento del loro alto tenore di vita, ed esercitano il loro colonialismo economico. Oltre a ciò, è importante tenere presente che i semi di tali Stati mediorientali vanno fatti risalire all’arbitrario disegno dei confini dopo la Prima Guerra Mondiale, ad opera di Regno Unito e Francia; in definitiva, unendo sunniti in Siria e in Iraq, l’Isis sta mettendo insieme ciò che le potenze coloniali un tempo divisero.
E’ necessario allargare i propri orizzonti, per capire che i rifugiati altro non sono che il prezzo da pagare per l’economia globale. Abbiamo voluto la bicicletta? E ora pedaliamo!
Abbiamo bramato ad ottenere un mercato libero, un mondo globale, dove i prodotti circolano liberamente, ed ora ci ritroviamo a chiudere le frontiere, a creare dei muri, immaginari e non, di fronte alle persone.
E’ qui che nasce la nuova apartheid.
I muri permeabili, dove vige il libero scambio delle merci, comportano il rischio di essere invasi dagli stranieri, ciò è intrinseco al capitalismo globale, ed è indice di quanto pericoloso e falso possa essere questo sistema politico.
E’ come se i rifugiati ora volessero espandere la libera circolazione dei prodotti, alle persone.
E’ vero che le immigrazioni sono un fenomeno costante nella storia umana, ma è anche vero che il fenomeno è dovuto per lo più alle espansioni coloniali. Prima della colonizzazione, i Paesi del Terzo Mondo erano composti in maggioranza da comunità locali autosufficienti, e relativamente isolate. E’ stata dunque l’occupazione coloniale a far deragliare il loro tradizionale stile di vita, e a portare la società umana verso le immigrazioni su larga scala.
Sembra anche a voi, che si stia parlando ancora di desiderio di espansione occidentale, o meglio Europeo, come causa di forza maggiore?
Una cosa è certa: l’ondata migratoria in corso in Europa, non è certo un’eccezione.
Il sentimento che sembrerebbe più consono assumere, in questo determinato caso, è dunque quello dell’accettazione.
Accettazione perché è giusto apprendere dalla storia, valutarne le cause, e prepararci, armati di buona volontà, a vivere in modo più flessibile e nomade. Si dovranno inventare nuovi modelli di cooperazione mondiale, perché a questo mondo dobbiamo convivere, e non ammazzarci a vicenda; e l’Europa, non per ultima, dovrà fornire nuovi mezzi per una decorosa sopravvivenza dei rifugiati. E non si parla di compromessi perché, se non si è ancora capito, le migrazioni sono il nostro futuro.
Quale sarà il modo giusto? Il pensiero di Slavoj Zizek, e i muri dell’ignoranza.
Arrivati a questo punto termino il mio fiume di parole, e preferisco citare una parte significativa di un articolo di Slavoj Zizek, filosofo e psicanalista sloveno, apparso su “La repubblica” qualche giorno fa.
“In conseguenza di tale impegno l'Europa dovrà necessariamente organizzarsi, e imporre regole e regolamenti chiari. Dovrebbe arrivare a realizzare un controllo governativo del flusso dei rifugiati tramite un vasto network amministrativo che abbracci tutta l'Unione europea (per evitare barbarie locali come quelle delle autorità ungheresi e slovacche). Ai rifugiati occorrerà dare garanzie circa la loro sicurezza, ma si dovrà anche far capire che dovranno accettare il Paese nel quale saranno destinati dalle autorità europee, e che dovranno rispettare le leggi e le usanze degli stati europei”.
Seguendo il ragionamento del filosofo psicanalista si risolverebbe tutto attraverso il metodo più semplice e umano del mondo: il dialogo. Perché non averci pensato prima! E’ un po’ come ricostruire una società ideale, dove tutti vivono insieme rispettandosi reciprocamente, e nulla succede più.
Ma sarà davvero così semplice? E l’uomo, dal canto suo, sarà davvero così stupido?
Un punto importante è bloccare il meccanismo d’immigrazione, arrivando alla radice del problema stesso. Non sarebbe forse necessario mirare ad interventi internazionali, di natura diversa da quella economica, politica, e militare?
Se l’occidentale provasse a focalizzarsi sul piano sociale e umano?
Cambierebbe forse qualcosa? Probabilmente no.
Ma infondo, se la soluzione che appare più fattibile è quella di costruire muri, al fine di bloccare l’ondata migratoria, vuol dire che il sentimento più popolare, che abita sicuramente la mente di molti xenofobi, islamofobi, e omofobi, è l’ignoranza.
Un Ungheria che non si merita di produrre il prossimo I Phone, considerando che caccia come fossero bestie, connazionali del padre della Apple.
E non è la sola. Ovunque, sentiamo parlare di uomini incappucciati che attaccano le barche dei migranti, tentando di non farli approdare nelle preziose coste dell’Unione europea.
La situazione rimane terribile e terrificante perché, oltretutto, non si riesce nemmeno a spiegare.
In conclusione, se l’Unione Europea è nata per abbattere le barriere tra gli stati, allora forse bisognerebbe iniziare ad abbattere i muri che si stanno costruendo tra gli Stati membri.
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