martedì 16 dicembre 2014

Come Sempre, Non E' Questo Che Volevo Dire..

Ieri mi è successa una cosa strana. Beh, non è che fosse proprio così strana, però diciamo che mi ha fatto pensare, e mi da del filo da torcere tutt'ora.
Ripensando alle facce, ai volti, è lì che sta il punto. Nel senso che noi siamo composti da miriadi di espressioni diverse, e le nostre espressioni facciali ci completano, ci appartengono.
Ieri mi sono avventurata per Londra da sola, finalmente sono riuscita a farlo, non so cosa mi trattenesse, o forse si. Si, so il motivo per cui avevo un terrore tremendo, l'ultima volta che ho girato da sola è stato a Buenos Aires. Sono una fifona, lo so. Inutile dire che, appena superato l'ultimo scalino che mi separava dalla luce del giorno, alle tenebre della sotterranea metro, mi sono sentita viva. Era come se le sedici fermate trascorse sotto terra, a godermi il calduccio e la comodità di un sedile imbottito, avessero rappresentato per tutto questo tempo le mie paure; sulle quali con il tempo mi sono adagiata tranquillamente, autoconvincendomi di non aver bisogno della luce di un vero sole mattutino, e della brezza del vento gelido londinese. Le mie paure mi avevano conquistato, impedendomi di vedere la bellezza di una cattedrale gigantesca, almeno grande quanto il paesino dove sono nata.
Cartina in mano e via, ecco che la turista giapponese che è in me prende il sopravvento, e di Elisa non vi è più traccia. Chi l'ha vista?
Era così facile venire in superficie, era così facile venire a galla, era così facile affrontare la luce. Ma mi sono accontentata delle tenebre. Perché mai ho fatto una cazzata simile?
E' bastato tenere una cartina in mano per emozionarmi, per farmi girare la testa, per provare quella sensazione di eccitazione che solo visitare una grande metropoli sa regalarmi.
Sono come un guerriero che sta per conquistare quella che sarà la sua futura patria. Si, è proprio così, perché io non giro per una città solo per vederne le attrazioni, io voglio catturare i momenti di vita quotidiana della gente che la attraversa disattenta, che la abita da sempre. Voglio osservare quell'impiegato che consuma il suo pranzo seduto sulla panchina accanto alla mia a Green Park, sapendo che pochi minuti lo separano dal lavoro in cantiere. Voglio annusare i profumi di caffè che aleggiano nell'aria a tutte le ore, e la puzza di fritto che annebbia le vie londinesi nell'ora dei pasti.
Adoro vivere la città in cui mi trovo, gustarla, osservarla dall'interno. Voglio appartenere a Londra, proprio come le persone che la vivono tutti i giorni, voglio sentirmi a casa. E poi io ancora non so dov'è la mia casa.

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