“Vorrei un caffè”.
“Caffè espresso, decaffeinato, caffè in vetro, caffè corto, caffè lungo, macchiato, schiumato, corretto, caffè americano, caffè napoletano, alla nocciola, al gingseng, cappuccino, mocaccino, caffè in ghiaccio, con latte di soia, di mandorla, caffè shakerato, caffè d'orzo, marocchino, caffè dello studente, caffè brasiliano, caffè al limone, cocco caffè, caffè allegro...”
Ecco, l'ultimo caffè lo lasciò particolarmente perplesso, inducendolo a pensare che forse il preparatissimo cameriere di questo bar super raffinato si stesse prendendo gioco di lui, e stesse inventando di sana pianta nuove composizioni di caffeina, giusto per metterlo in difficoltà.
_“Le sembro forse una persona allegra? Un caffè e basta”.
L'uomo stizzoso e brontolone digrignò i denti pronunciando questa ultima frase, che tuonò nell'atmosfera come lo squittio di un topo a cui hanno appena schiacciato la coda; fece vibrare i baffetti bagnati di saliva, e infuocare un poco gli occhietti vispi, traboccanti di solitudine.
La risposta arrivò inaspettata, come il vino amaro e i frutti di quella pianta, caduti troppe volte a marcire nel cemento.
“Le persone felici leggono libri e bevono tanti caffè”.
Era il tempo lontano della seconda Guerra Mondiale. Tempo di morte, crisi e cannonate.
Era una Napoli che si svegliava stropicciata, cercando di andare avanti, perchè la guerra non può durare per sempre. Almeno così dicono. E noi ci credevamo.
Era tempo di solidarietà e larghi sorrisi sinceri.
Era tempo di caffè, tanti buoni caffè all'italiana, aromatizzati di quella felicità, che un po' restava in fondo alla tazza.
Era tempo di solidarietà in un momento critico della storia italiana, e chi poteva permetterselo, pagava alla cassa il proprio caffè, e ne regalava uno al prossimo.
Come a dire che, in fondo, siamo tutti felici.
Dietro ad ogni tazzina di caffè, con quell'aroma di felicità che resta attaccato al fondo, insieme a quei granelli di zucchero intrappolati dal liquido caldo, che sporca la ceramica di bollenti spruzzi color cioccolato, c'è una bellissima storia da raccontare.
Non c'è intimità più profonda di quella che unisce le persone la mattina, davanti a un buon caffè.
E' un chicco di aroma che profuma di pace. Se esiste una bevanda, al mondo, che unisce tutti, ma proprio tutti, dopo l'acqua, questa è di certo il caffè.
E' sulla bocca di tutti, con il suo aroma inebriante, la crema compatta e resistente, il gusto persistente e vellutato.
C'è chi racconta di un caffè preso per caso, in un baretto di provincia, chi invece all'Autogrill ruota energicamente il cucchiaino all'interno della tazzina, riflettendo sui km che ancora deve percorrere.
C'è chi si infila infreddolito in un caotico bar del centro, scrollandosi di dosso l'acqua piovana e lo stress di una giornata uggiosa che continua a girare, e non accenna ad arrestarsi. Sorseggia il suo caffè amaro e ristretto, all'italiana, grato dell'aroma intenso e potente che la vita gli ha generosamente concesso quel martedì sera. Ed è quello stesso martedì che entra improvvisamente lei; le labbra rosse socchiuse, le pupille sorridenti, le ciglia folte che sbattono all'unisono, scrollando dal corpo il peso di quel cielo colorato di cemento.
Tante storie che fioriscono e s'intrecciano, quando percepiamo, nel profondo dei nostri cuori, che qualcosa sta cambiando. Quando avvertiamo che sorseggiare una semplice bevanda calda, che sfiora il palato, scivolando lungo la faringe, scaldando il cuore, può essere vissuta come un prezioso momento di ascolto e di arricchimento personale. Un'esperienza sensoriale completa ed estremamente appagante. E' così che le papille gustative danzano a ritmo di una musica mai sentita, e il muscolo cardiaco inizia a pompare flebili battiti.
Una bevanda semplice quanto complessa, una magia e armonia di miscele data dalla mescolanza di più cultivar di caffè, differenti qualità per tipo di beneficio e Paese di provenienza. Sono elementi che integrano e amalgamano pregi e caratteristiche particolari, dando vita ad un prodotto equilibrato e ben preciso nel gusto, nell'aroma e nel corpo. Il nostro caffè, dalla raccolta del chicco, alla miscelazione, la tostatura e la macinazione. Ogni lavorazione influenza il prodotto finale che gusteremo nella nostra tazzina.
Si celebra il primo ottobre la giornata internazionale del caffè, che non è più una semplice bevanda, ma un vero e proprio rito made in Italy che affonda le sue radici nel passato.
Si dice che già nel 1700 fosse conosciuto e apprezzato come prodotto, soprattutto dalle classi sociali più agiate e nobili. Da allora il semplice gesto di sorseggiare una tazzina di caffè è diventato un gesto automatico, un luogo di incontro, una pausa in allegria, parte integrante delle vite di ognuno di noi.
Le statistiche ci suggeriscono inoltre che in media un italiano beve circa 4 caffè al giorno, di cui due solitamente a casa, uno al bar, e uno in ufficio.
“Le persone felici leggono libri e bevono tanti caffè”.
E poi c'è lo stesso uomo, ve lo ricordate? Entra nello stesso bar, anni dopo, allenta il viso, che mostra gli inevitabili segni del tempo e, rilassandosi, scioglie le labbra in un allegro sorriso. Alla mano destra tiene stretti due occhi color miele, e un paio di folte ciglia, che battono all'unisono, sorridendo timidamente. E' lo stesso uomo con l'impermeabile zuppo di acqua piovana, che però, non soffre più il freddo. Un anello al dito dei due sigla un'unione d'amore, che scorre liquida e bollente, dividendosi in due tazzine da caffè. Sorride e, preso da quell'improvvisa ebrezza di allegria, invece di due caffè ne paga tre. Un caffè offerto all'umanità.
Negli anni 50 correva il tempo lontano della Seconda Guerra mondiale.
Era tempo di solidarietà in un momento critico, e c'era un caffè di cui tutta la città parlava.
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