domenica 22 marzo 2015

Lo Squallido Veleno_

 
_Credevo Di Aver Trovato La Mia Strada...
Invece La Stavo Semplicemente Scavalcando_ 
 
 





C’era una volta un uomo barbuto, e non dal gradevole aspetto, di nome Arthur Schopenhauer.

Costui portava radi capelli biancastri tutti spettinati, e osservava il mondo con la sua lente d’ingrandimento, da grande pensatore, digrignando il volto stanco, appassito ed incattivito, dal peso di tutti i suoi anni.

Tale vecchio saggio vegliava sul mondo, studiando come un antropologo l’evoluzione della specie umana, e il suo specifico comportamento all’interno della società. Molti prima di lui l’avevano fatto, e molti ancora l’avrebbero fatto e ancora lo faranno; fare il filosofo era un ottima soluzione per lavorare, senza dover necessariamente lavorare.

Arthur Shopenhauer  affermò, dopo anni di incessanti riflessioni, che la volontà dell’uomo è irrazionale; per tanto ciò che noi consideriamo ordine e armonia, alla luce di un nuovo giorno, altro non è che pura illusione.

L’ordine della società civile e politica, altro non è che il fragile rivestimento di una moltitudine di pulsioni ed egoismi. Un debole telo colorato, che impedisce alla mente comune di giungere fino alla vera conoscenza.

La storia, che sembra ripetersi incessantemente, altro non è che una sequela di irrazionalità e follia.

Noi uomini comuni, trascorriamo la nostra umile esistenza a giustificare, nell’estremo tentativo di conferire una parvenza logica ai ciechi impulsi, e agli sfrenati egoismi dell’uomo.

Non vorrei già mettere i bastoni tra le ruote al grande pensatore, ma oserei aggiungere il termine “condannare”, nelle attività privilegiate dell’essere umano. Perché ciò che non viene immediatamente compreso, viene immediatamente condannato.

Una piccola percentuale di onestà rovescerebbe la vita dell’uomo verso una drammatica tensione. E’ sufficiente scoprire che il sentimento di soddisfazione  non può avere una posa durativa.

La volontà, in quanto desiderio, è qualcosa che ci sfugge perennemente dalle dita, è una montagna che ancora dobbiamo scalare. E’ per tanto privazione, dolore, sofferenza.

Detto ciò possiamo dedurre che non appena raggiungiamo la vetta della felicità, sprofondiamo immediatamente nelle sabbie mobili della noia. A che serve tutto questo Sali e scendi? A mantenere la nostra calma apparente, forse. Non appena si è placato il bisogno, quando abbiamo raggiunto, attraverso molti sacrifici, l’obiettivo prefissato, la vita, che non è altro che volontà, appare come svuotamento di se, e priva di senso.

Non so se il caro Shopenhauer volesse dire proprio questo, ma a mio avviso corrisponde alla situazione odierna dell’uomo, quindi non troverei da dire nulla di più vero.

Se il termine “intelligente” deriva dal latino “intus + legere”, la persona intelligente è colei che possiede quella capacità introspettiva di leggere dentro, di guardare attraverso il velo bugiardo della società, di andare oltre alle apparenze.

Se il vuoto che l’uomo sente dentro è insoddisfazione, stando alle teorie dell’illustre barbuto sopra citato, nulla ci è permesso di fare, al fine di scampare dalla noia e dalla delusione.

La morte, la guerra, le carestie, le malattie, un prato di vetri taglienti, un sangue che scorre irregolare al di fuori delle sue grondaie, lasciandoti candido, a terra, senza vita, un foro profondo, nel mezzo di due occhi vuoti e glaciali. Tutto questo fa parte di noi, e non abbiamo bisogno di ulteriore filosofare per affrontare la realtà dei fatti.

Arriva un giorno e ti ritrovi a vivere una doppia vita, diversa da quella che ti eri immaginato da bambino. Arrivi a 20 anni e i tuoi capelli non sono più folti come una volta, il colore vivace perde il suo carisma, gli occhi si affossano e si fanno più piccoli, il sorriso più spento. E hai solo 20 anni. Ma di principi azzurri a cavallo di un bellissimo unicorno  bianco, non ce n’è neanche l’ombra. Sarebbe stato meglio desiderare un poni nero con in sella Napoleone Bonaparte, forse.

Se tutto questo è sbagliato, che senso ha il nostro caos primordiale?

Ho trascorso una vita a giustificare ogni comportamento umano, nel vano tentativo di dare una spiegazione logica al mondo, il mio, che mi roteava accanto senza sosta. Non avevo il tempo di focalizzare un punto nel mio planisfero colorato che già mi era sfuggito, già era scappato lontano, e io neanche l’avevo sfiorato.

Ho trascorso una vita nell’incessante ricerca di una cura, una cura per questo male che infligge l’uomo da troppo tempo.

Ho trascorso una vita a giustificare la cattiveria e l’immane egoismo dell’essere umano che, annegato nella codardia, spende i suoi giorni nascondendo la testa sotto la sabbia.

Tu, che dovevi insegnarmi l’amore fraterno.

Tu, che avevi il solo compito di amarmi e proteggermi, hai trascorso i tuoi anni a nascondere il bel faccino sotto al tuo candido abito da sposa.

Tu che dovevi essere la mia spalla, e crescere al mio fianco, mi hai privato del calore che mi spettava.

Mi hai lasciato sola, in mezzo al vuoto, a giustificare ogni tuo egoismo, e a scaldare le mie povere ossa accanto al fuoco di un camino.

Altro non mi resta che riempirmi la bocca e lo stomaco del tuo squallido veleno.

 

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